la storia

Censin da Bea
Censin da Bea

FRANTOIO DA OLIVE IN LOCALITÀ VALLE DEL MARO
REGIONE: LIGURIA
PROVINCIA: IMPERIA
COMUNE: BORGOMAROSoria del Frantoio “Censin da bea” e dei Frantoi ad acqua del Ponentino Ligure L’antico Frantoio “Censìn da bea” (Vincenzino del canale) a Borgomaro (valle del Maro, entroterra di Imperia Oneglia) e’ un edificio settecentesco, in cui si notano la sala grande con le pile azionate dall’azione idrica, i torchi (ora elettrificati), il canale che va nelle vasche di lavatura. Comprende anche un frantoio minore, utilizzato anche per la produzione di un distillato di mele. Le valli, che formano il territorio della Comunità Montana, godono di un clima temperato a bassa escursione termica annuale. A gennaio, ad esempio, la temperatura media è di circa 12 gradi. Tutte le valli sono disposte ad anfiteatro e questa particolare disposizione crea una protezione naturale dal clima alpino e da quello semicontinentale della pianura padana. Complessivamente una condizione ambientale climatica ideale per la coltivazione dell’olivo. Completa il quadro positivo una straordinaria insolazione pari a circa 3000 ore. E’ qui che l’ulivo ha trovato l’ambiente giusto e il clima adatto. Il terreno fu sistemato a fasce (terrazze) e la cultivar Taggiasca, che prese il nome da Taggia, iniziò a produrre il migliore olio del mondo! Alcuni giudizi sulla Taggiasca e sull’olio da essa prodotto: “La cultivar presenta una produttività elevata e costante. Le drupe si prestano ad una facile estrazione e forniscono un olio particolarmente pregiato” (Baldini e Scaramuzzi). “L’olio prodotto con l’oliva taggiasca è stato valutato da molti esperti come il migliore del mondo. E’ prezioso come olio da taglio, dà il tocco finale a miscele di olii di provenienze diverse.” (Lucetto Ramella). “I frutti della taggiasca forniscono rese abbastanza elevate con olio molto ricercato per le caratteristiche organolettiche.” (Consorzio per la selezione ed il controllo del materiale di propagazione dell’olivo, Pescia). “Olio che possiamo considerare il migliore per la sua finezza, la leggerezza, il colore, le caratteristiche organolettiche e per le perfette costanti fisico-chimiche possedute. La resa in olio è elevata e di quantità pregiata.” (C. Carocci Buzi). E’, quello della Taggiasca un olio di grande ed insuperabile qualità, di grande reputazione, con caratteristiche ben definite, tutte riconducibili ad una origine geografica omogenea nella quale si produce e si trasforma tutto il prodotto. La Taggiasca è coltivata sulle assolate terrazze del territorio della Comunità Montana dell’Olivo. Il clima temperato, la cultivar, il rispetto di antiche e collaudate tradizioni colturali e culturali, il progressivo miglioramento delle tecniche di coltivazione di raccolta e la lavorazione a freddo delle olive, garantiscono la genuina, superiore qualità del prodotto. L’OLIVICOLTURA NELLA STORIA E NELLA LETTERATURA La Comunità dell’Olivo è un territorio dove l’ulivo è la coltivazione legnosa più diffusa. Il clima è mite e l’ambiente è ideale per l’ulivo e in modo particolare per la cultivar Taggiasca che provocò la struggente, accorata invocazione di Giovanni Boine : “Oh il morbido olio dei nostri frantoi: olio chiaro, olio dolcissimo, olio vellutato al palato, olio limpido, olio d’oro. Ma in America ed in Germania l’olio italiano arriva ancora con l’etichetta di qui. E cosa ne sanno gli americani e i tedeschi del tenuissimo oro ch’io ho visto, fanciullo, con gioia gorgogliare e fluire di sotto le mole; gorgogliare e fluire dalle bacche pingui e nere mentre la ruota di pietra girava a tondo ritta e sicura”. E ancora prima lo stesso Boine esprimeva appassionatamente il suo grande, immenso amore per gli ulivi: “Il prato diventò uliveto, il campo uliveto, la vigna uliveto, il bosco in alto faticosamente e dolorosamente, tenacissimamente uliveto”. L’olio invocato, evocato, esaltato in modo appropriato da Boine, insieme alla cultivar Taggiasca, è riconducibile alla olivicoltura che caratterizza il territorio delle quattro valli che formano la Comunità Montana dell’Olivo. I FRANTOI La loro storia è antichissima. Qui si vogliono ricordare solo le antiche strutture di lavorazione delle olive nel territorio della Comunità e nel resto della provincia di Imperia. Due erano i sistemi usati in prevalenza: il frantoio (in dialetto Gumbo) a “sangue” e a “acqua”. Il primo veniva azionato da un mulo o da un bue che, legato ad una stanga, faceva, girando, funzionare la macina; il secondo, quello ad “acqua”, invece ricavava energia dai corsi d’acqua con gli stessi meccanismi dei mulini. In tutti i casi la frantumazione delle olive veniva eseguita con la pila chiamata “Colombina” (pietra che non scalda). Questa è storia, ma i nuovi impianti, che attingono energia dall’elettricità, lavorano e trasformano le olive nel pieno rispetto di un’antica tradizione che ha consentito di far conoscere al mondo l’olio extra vergine prodotto con la migliore cultivar del Mediterraneo: la Taggiasca!